A cavallo tra ‘700 e ‘800

“Andai a Balerna con Bonstetten in quel canonicato, che vedemmo ieri indubbiamente a circa mezzo cammino per Como, a sinistra. Ha una particolare esposizione nella valle, s’erge su di un colle, eretto sopra a una valle più profonda. Il tutto straordinariamente rinchiuso fra alti monti. A sinistra stanno i monti S. Martino e Olimpino, ai loro piedi bei villaggi e chiesuole. A destra, Morbio Sotto; a sinistra di questo, Morbio Sopra, dove la Breggia scaturisce nella pacifica Val di Muggio, nel duro letto pietroso, poi s’affonda nel verde rigoglioso, passando ancora nascostamente nel piano letto ciottolato. Dalla libera terrazza del giardino, vediamo l’estensione di questo mirabile paese, ove si succedono valli e valli, e l’entrata all’alta valle di Muggio, è dapprima una salita al monte. Mi disse Bonstetten, che così si aprono tutte le valli laterali dei baliaggi italiani” (Federica Brun, poetessa, 23 settembre 1799. Citata in: BERNASCONI Florindo, Balerna – Le argille, i primi abitatori, i monumenti, (a cura di OSTINELLI Paolo), Balerna, Edizioni Ulivo, 2002, pp. 30-31).

 

Già all’inizio del ‘700, Balerna divenne un luogo di villeggiatura privilegiato dai ceti abbienti della società d’Ancien Régime, come testimonia in parte la costruzione, nei primi anni del XVIII secolo, della Villa vescovile, più conosciuta come Belvedere.

 

La Villa vescovile

 

Nota anche con il nome di Belvedere, la costruzione, attualmente in stato di parziale abbandono, fu edificata a partire dal 1706 dall’architetto Carlo Francesco Silva di Morbio Inferiore (1661 – 1726) su commissione del vescovo di Como Francesco Bonesana, ansioso di offrire lavoro alla popolazione locale in un momento di particolare crisi e di dotarsi al contempo di una residenza di villeggiatura in cui trascorrere l’estate.

 

Dal 1850 il Belvedere divenne la sede ufficiale del primo amministratore apostolico della diocesi ticinese, monsignor Eugenio Lachat, che ivi risiedette sino alla sua morte, soppraggiunta il primo novembre 1886. Il grande salone per i ricevimenti al primo piano reca ancora, sulla volta a schifo, lo stemma della famiglia Lachat e, sulle sovrapporte, quelli dei vescovi successivi (Molo, Peri-Morosini, Bacciarini e Jelmini). Dal 1893 al 1905 il palazzo ospitò il collegio dei Salesiani, per poi riconvertirsi, nella seconda metà del XX secolo, ad alloggio per le suore Clarettiane.

 

Altre famiglie aristocratiche, come ad esempio quella dei Melzi d’Eril (la cui cappella funeraria è ancor oggi presente nel cimitero monumentale), si trasferirono a Balerna. Nella frazione di Mezzana, al confine con Coldrerio, sorgeva invece il palazzo attualmente sede dell’Istituto Agrario cantonale che appartenne nientemeno che alla regina Maria Cristina di Borbone-Napoli, vedova di Carlo Felice di Savoia, re di Sardegna, e dove si fidanzò l’eroe dei due mondi, Giuseppe Garibaldi.

 

Il palazzo di Mezzana

 

“La Regina Cristina era venuta a Balerna in visita di un suo cocchiere di Balerna, certo Quadri, il quale era in convalescenza per una frattura a una gamba, causa una caduta da cassetto mentre la Regina compieva la passeggiata mattutina, in cocchio, per le vie di Torino. Cristina si invaghì della collina di Mezzana e fece l’acquisto per costruire la villa che ordinò. Tornata per abitarla, nelle vacanze estive, si indispettì di quella architettura a semplice funzionalismo, tornò sui due piedi, senza entrarvi, per non più rivederla”. Questa la descrizione romanzata che ci ha tramandato Florindo Bernasconi delle motivazioni che spinsero Maria Cristina di Sardegna ad acquistare il palazzo che, ai giorni nostri, ospita l’Istituto Agrario cantonale.

 

Vasto podere appartenuto sin dal XVI secolo alla famiglia dei Torriani di Mendrisio, nel 1833 il palazzo fu effettivamente venduto, dopo numerosi passaggi di proprietà, dai Morosini di Lugano alla regina Maria Cristina di Sardegna e Piemonte, vedova del re Carlo Felice di Savoia, che utilizzò la tenuta sino alla sua morte (nel 1849) come residenza di villeggiatura e la trasformò secondo il gusto neoclassico dell’epoca, affidando la costruzione dell’ala nordoccidentale all’architetto Gaetano Bagutti. Gli affreschi di questo settore raffigurano motivi pompeiani, romani ed egizi, mentre nel salone al primo piano il dipinto centrale di Antonio Rinaldi e Innocente Chiesa (datato 1860) ritrae – e non a caso – l’Italia liberata.

 

Nel 1849, infatti, il palazzo divenne proprietà del marchese comasco Giorgio Raimondi, fervente patriota italiano ed esule politico in Ticino, il quale, il 23 gennaio 1860, ospitò a Mezzana il fidanzamento della propria figlia Giuseppina con Giuseppe Garibaldi. Fidanzamento che fu il preambolo del matrimonio celebrato il giorno dopo a Fino Mornasco e… conclusosi qualche ora più tardi (poi annullato formalmente nel 1879), dopo che l’eroe dei due mondi, scoperte alcune tresche amorose della marchesa, la ripudiò.

 

Al Raimondi succedettero altri proprietari, sino a che, nel 1912, Ernesto Secondo Bernasconi di Castel San Pietro cedette la villa ed il parco annesso a Pietro Chiesa di Chiasso, il quale, nel dicembre del medesimo anno, la donò allo Stato del Canton Ticino affinché venisse creato l’Istituto Agrario.

 

“Entro la villa – chiosa Florindo Bernasconi – (...) ci si sente subito in (un) palazzo regale. Un senso di grandiosità impera negli androni, nel cavedio, nelle ampie sale sotto le belle volte laterizie e decorazioni delicate. E la forma ripetuta del palazzo romano del maestoso Cinquecento, planimetria e alzato, internamente, essenza dell’architettura funzionale del periodo neoclassico”.

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